Cambiamenti climatici e fake news
Secondo un rapporto del Censis per molti italiani le fake news sono difficili da scoprire. Sui temi più delicati serve un’informazione di qualità
di Redazione
Il recente appello ad un’informazione rigorosa e puntuale sui cambiamenti climatici, firmato da cento scienziati e indirizzato ai media, è solo la punta dell’iceberg. Come suggerisce il terzo rapporto Ital Communications-Censis, Disinformazione e fake news in Italia, in effetti di comunicazione sul tema ce n’è così tanta da generare confusione. È appunto l’informazione di qualità che andrebbe allora ricercata dinanzi alle situazioni emergenziali. «Il riscaldamento globale – scrive il Censis – è un caso esemplare di comunicazione eccessiva e poco chiara, che alimenta cattiva informazione, catastrofismo e persino negazionismo, rischiando di provocare effetti non desiderati sui modi di pensare e sui comportamenti della popolazione».
Secondo lo studio, il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo sul cambiamento climatico e il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta progressivamente andando verso la desertificazione. I negazionisti, che sono convinti che il cambiamento climatico non esista, sono il 16,2% della popolazione. Gli individui più fragili, vale a dire i più anziani e i meno scolarizzati, sono, afferma ancora il Censis, quelli che appaiono più confusi e meno in grado di comprendere il problema nella sua complessità. Emerge, poi, anche una comprensibile preoccupazione per la sostenibilità economica della transizione ecologica, «che secondo il 33,4% della popolazione richiederebbe sforzi e investimenti economici che non ci possiamo permettere e che ci costringerebbero a fare un passo indietro negli standard di benessere e qualità della vita ormai acquisiti. Si tratta di un’opinione che arriva al 51,5% tra chi ha al massimo la licenza media, è del 37,8% tra le donne e del 36,6% tra gli over 64 anni. In realtà – osserva l’istituto –, questa convinzione è confutata dalle più accreditate analisi previsionali, che rivelano che la transizione ecologica creerà moltissimi posti di lavoro, e, soprattutto, che nel medio periodo ci condurrà verso uno scenario di maggiore sviluppo economico».
Il problema, ovviamente, non riguarda solo il cambiamento climatico. Si tratta, piuttosto, di un problema generale che riguarda l’ambiente informativo nel complesso, sempre più segmentato dal lato dell’offerta. Infatti, spiega il rapporto, «se un tempo le fake news erano considerate come il prezzo da pagare alla democratizzazione dell’informazione e gli italiani si dicevano certi di essere in grado di controllare le notizie e di distinguere il vero dal falso, oggi, di fronte alla proliferazione incontrollata delle notizie generata dall’emergenza sanitaria e alle conseguenze che ne sono derivate, cominciano ad emergere paure e timori che si traducono in una richiesta di interventi di regolazione, di sensibilizzazione e di formazione della popolazione».
Il 76,5% degli italiani ritiene che le fake news sono sempre più sofisticate e difficili da scoprire, il 20,2% crede di non avere le competenze necessarie per riconoscerle e il 61,1% pensa di averle solo in parte. Solo una minoranza del 18,7% ritiene con certezza di essere in grado di riconoscere immediatamente una fake. La quota di chi pensa di non avere le competenze necessarie – aggiunge l’indagine del Censis – sale al 29,5% tra chi vive nei Comuni che hanno meno di 10.000 abitanti, al 39,5% tra gli over sessantaquattrenni, al 51,5% tra chi ha bassi titoli di studio, delineando l’identikit di chi rischia di rimanere intrappolato in un mondo irreale.