Pil dell’Italia in calo nel secondo trimestre 2023
La flessione è dello 0,3% rispetto al periodo precedente. Rallenta ancora l’inflazione
di Redazione
Nel secondo trimestre del 2023, l’Istat stima che il Prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e sia aumentato dello 0,6% in termini tendenziali. Il secondo trimestre del 2023 ha avuto tre giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al secondo trimestre del 2022. La variazione congiunturale, osserva l’Istat, è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca sia in quello dell’industria, mentre il valore aggiunto dei servizi ha registrato un lieve aumento. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto nullo della componente estera netta. La variazione acquisita per il 2023 è pari allo 0,8%.
«L’economia italiana – è il commento dell’Istat che accompagna la nota – registra una flessione dello 0,3% nel secondo trimestre del 2023 rispetto al primo trimestre dell’anno, quando la crescita era risultata positiva in misura dello 0,6%. Alla discontinuità dell’andamento congiunturale nel secondo trimestre, fa fronte l’evoluzione positiva del Pil in termini tendenziali in misura dello 0,6%, che rappresenta la decima crescita trimestrale consecutiva. Questo risultato, di cui va messa in evidenza la natura preliminare, è dovuto – spiega ancora l’Istat – ad una flessione sia del settore primario, sia di quello industriale, a fronte di una moderata crescita del comparto dei servizi. Dal lato della domanda la flessione proviene dalla componente nazionale al lordo delle scorte, con la componente estera netta che ha fornito un apporto nullo. In termini di variazione acquisita, per il 2023 la crescita si attesta nel secondo trimestre allo 0,8%, in leggera discesa rispetto al valore del primo trimestre, che era stato pari allo 0,9%».
L’Istat ha reso noti anche i dati provvisori relativi ai prezzi al consumo. Secondo le stime preliminari, nel mese di luglio 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% su base mensile e del 6% su base annua, da +6,4% del mese precedente. La decelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, al rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +4,7% a +2,4%), dei Beni energetici non regolamentati (da +8,4% a +7%) e, in misura minore, degli Alimentari lavorati (da +11,5% a +10,9%), degli Altri beni (da +4,8% a +4,6%), dei Sevizi vari (da +2,9% a +2,7%) e dei Tabacchi (da +2,5% a +1,9%). Tali effetti sono stati solo in parte compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli Alimentari non lavorati (da +9,4% a +10,4%) e dei Servizi relativi all’abitazione (da +3,5% a +3,6%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi rallenta ancora (da +5,6% a +5,2%), così come quella al netto dei soli beni energetici (da +5,8%, registrato a giugno, a +5,6%). L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +5,1% per la componente di fondo.