Il Sud si spopola, ma l’Italia è un paese di emigrazione
Lo spopolamento del Mezzogiorno conferma un fenomeno più ampio. Un quadro socioeconomico in evoluzione analizzato attraverso i rapporti Svimez e Censis
di Redazione
Non una novità, almeno in termini di notiziabilità, semmai una conferma. L’ultimo rapporto Svimez sull’economia e la società del Mezzogiorno – presentato nella giornata di ieri, martedì 5 dicembre 2023 – fotografa il trend di spopolamento che interessa il Sud Italia, considerate le oltre 2,5 milioni di persone che dal 2002 al 2021 hanno lasciato le regioni di origine per spostarsi soprattutto in quelle del Centro-Nord. Dunque, dice Svimez, il Mezzogiorno avrebbe perso 1,1 milioni di residenti al netto di chi ha deciso nel tempo di “rientrare”. Tali situazioni derivano da una situazione economica che viene perlopiù percepita come precaria, oggi condizionata a maggior ragione dall’accelerazione dell’inflazione che ha limitato il potere d’acquisto delle fasce più deboli della popolazione, seppure a fronte di una netta ripresa dell’occupazione (che però si mantiene fragile in molti suoi segmenti).
Non è tutto. Perché, ricorda ancora Svimez, la povertà nel Mezzogiorno sembra aver raggiunto livelli affatto trascurabili. Nel 2022 sono 2,5 milioni le persone che vivono in famiglie in condizioni di povertà assoluta, un incremento di 25 mila unità rispetto al 2020 (-170 mila al Centro-Nord). E a tale proposito si evidenzia il fenomeno del cosiddetto “lavoro povero”, a conferma della fragilità dell’occupazione cui si accennava prima. Se nel frattempo, il Pil del Mezzogiorno è stimato in aumento dello 0,4% quest’anno, emerge una volta di più il divario con il Centro-Nord, atteso crescere dello 0,8% (+0,7% il dato nazionale). Negli anni a seguire, secondo Svimez, il Pil italiano crescerà dello 0,7% (+0,7% al Centro-Nord e +0,6% al Sud) nel 2024 e dell’1,2% (+1,3% al Centro-Nord e +0,9% al Sud) nel 2025, ma molto dipenderà anche dall’attuazione del Pnrr (Piano nazionale ripresa resilienza).
Tuttavia le dinamiche demografiche e i flussi migratori del Mezzogiorno non illustrano il quadro esaustivo. Il nostro, infatti, è un paese che nel complesso continua a registrare “uscite” in cifre rilevanti. A sostenerlo, stavolta, è il Censis nell’ultimo Rapporto sulla situazione sociale del paese. Sono più di 5,9 milioni gli italiani attualmente residenti all’estero, pari al 10,1% dei residenti in Italia), il che rende l’Italia un paese di emigrazione più che di immigrazione (sono cinque milioni gli stranieri residenti, pari all’8,6% dei residenti in Italia). Gli italiani che si sono stabiliti all’estero, aggiunge il Censis, sono aumentati del 36,7% negli ultimi dieci anni (ovvero quasi 1,6 milioni in più). A caratterizzare i flussi centrifughi più recenti è l’aumento significativo della componente giovanile. Nell’ultimo anno gli espatriati sono stati 82.014, di cui il 44% tra 18 e 34 anni (36.125 giovani). Con i minori al seguito delle loro famiglie (13.447) si sfiorano le 50 mila unità: il 60,4% di tutti gli espatriati nell’ultimo anno, osserva l’istituto.
Anche il peso dei laureati sugli expat 25-34enni – aggiunge il Censis – è aumentato significativamente, passando dal 33,3% del 2018 al 45,7% del 2021. Un drenaggio di competenze che non è inquadrabile nello scenario di per sé positivo e auspicabile della circolazione dei talenti, considerato che il saldo migratorio dei laureati appare costantemente negativo per il nostro paese.