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L’inclusione digitale per ridurre le disuguaglianze

L’importanza delle nuove tecnologie per raggiungere l’obiettivo. Eppure gli ostacoli sono ancora tanti, dalla promozione di una cultura digitale ai timori per le sfide del futuro

di Redazione

Quando si parla di inclusione digitale sono tanti gli aspetti da considerare. Soltanto pochi giorni fa l’Istat pubblicava il report Cittadini e ICT, che mostrava miglioramenti nell’uso degli strumenti digitali, ma allo stesso tempo ritardi e lacune in materia. Nel 2023 – spiega l’Istat nel report – il tasso di diffusione di Internet tra le famiglie residenti in Italia con almeno un componente di 16-74 anni è del 91,9%, valore pressoché in linea con la media UE27 (93% nel 2023). Se si estende l’analisi a tutte le famiglie, senza tener conto dell’età dei componenti, aggiunge l’Istat, la quota di quelle che dispongono di un accesso a Internet è pari all’84,1% (+1% sull’anno precedente), mentre è superiore di oltre cinque punti percentuali il divario tra il Centro-nord e il Mezzogiorno quanto a disponibilità di accesso a Internet da casa.

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Nelle famiglie composte da soli anziani (che l’Istat colloca convenzionalmente dai 65 anni in su) c’è una minore diffusione di Internet: poco più della metà (53,4%) dispone di un accesso a fronte del 98,6% di quelle in cui è presente almeno un minore e del 93,6% di quelle senza minori ma i cui componenti non siano solo anziani. Anche il titolo di studio posseduto dai componenti della famiglia è in qualche misura collegato alla disponibilità di connessione: il 97,8% delle famiglie con almeno un componente laureato accede a Internet da casa, rispetto al 59,8% di quelle in cui il titolo di studio più elevato è al massimo la licenza media. Rileva poi l’Istat che la maggior parte delle famiglie che non dispone di accesso a Internet da casa indica come motivo principale la mancanza di capacità di utilizzo (57,8%), con un 21,5% che addirittura afferma di non considerarlo utile e interessante. Seguono poi motivazioni di ordine economico legate all’alto costo dei collegamenti o degli strumenti necessari ad accedere (12,3%) e motivazioni relative alla connessione fatta in un luogo diverso dall’abitazione in cui la famiglia vive (7,4%).

Per quanto quel 21,5% che dichiara di non ritenere Internet utile possa perlopiù stridere, c’è da dire che in generale l’ecosistema digitale è diventato un elemento imprescindibile nella vita delle persone. Dal lavoro al rapporto con la pubblica amministrazione, non c’è documento che non passi “online”. Non è un caso, allora, se è la cultura ad essere cambiata, pur necessitando di una promozione che vada molto al di là della sola presenza dei singoli sulle piattaforme social (con quest’ultime che occupano parti consistenti delle nostre giornate, per lavoro o per passatempo). 

Secondo il 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2023, l’88,7% degli italiani considera la connettività a internet un diritto dei cittadini al pari della tutela della salute o della previdenza. Inoltre l’80,8% è convinto che l’accesso al web dovrebbe essere gratuito (solo il 19,2% è contrario, i più convinti al riguardo sono i giovani: 84,5%). Per il 46,2% degli italiani – osserva ancora il Censis – il riconoscimento della connessione come un diritto, addirittura da garantire gratuitamente a tutti, andrebbe finanziato con un’adeguata compartecipazione economica da parte dei grandi generatori di traffico sulla rete, come Google e Meta, mentre per il 34,6% bisognerebbe attingere alla fiscalità generale. Il 10,9% è invece contrario al ricorso al fisco e per l’8,3% ciascun utente dovrebbe pagarsi per intero la propria connessione. Il 67,6% degli italiani sostiene in aggiunta che, se le nuove tecnologie saranno facili da usare per tutti, potranno dare un grande contributo alla riduzione delle disuguaglianze sociali. L’85,8% reputa infatti importante che sia diffusa un’informazione scientifica di facile comprensione per tutti sugli effetti delle nuove tecnologie. Una risposta che non stupisce granché: in questo senso l’annoso dibattito sull’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un punto di partenza.

 

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