Lavoro: nel 2023 si osservano 481 mila occupati in più
L’aumento del numero di occupati è stato accompagnato da una riduzione del numero di disoccupati (-81.000, -4%) e di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-468.000, -3,6%)
di Redazione
Nel quarto trimestre del 2023, osserva l’Istat nel report Il mercato del lavoro – IV trimestre 2023, l’input di lavoro calcolato in base alle ore lavorate ha registrato un incremento dello 0,8% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Durante questo periodo, il PIL ha mostrato una crescita sia su base trimestrale (+0,2%) che annuale (+0,6%). Nell’anno, l’aumento del numero di occupati di 481.000 unità (+2,1%) è stato accompagnato da una riduzione del numero di disoccupati (-81.000, -4,0%) e di inattivi tra i 15 e i 64 anni (-468.000, -3,6%).
Nel periodo considerato, prosegue l’Istat, il numero di occupati è aumentato di 144.000 unità (+0,6% rispetto al terzo trimestre del 2023), grazie all’aumento dei lavoratori a tempo indeterminato (+145.000, +0,9%) e alla stabilità dei lavoratori a termine e degli autonomi. Allo stesso tempo, sia il numero di disoccupati (-36.000, -1,8% nel trimestre) che quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-102.000, -0,8%) sono diminuiti. I tassi di occupazione, disoccupazione e inattività hanno mostrato una dinamica simile: il tasso di occupazione è salito al 61,9% (+0,4 punti percentuali), il tasso di disoccupazione è sceso al 7,4% (-0,2 punti) e il tasso di inattività tra i 15 e i 64 anni è diminuito al 33,1% (-0,3 punti). Nei dati preliminari di gennaio 2024, rispetto al mese precedente, si osserva una diminuzione del numero di occupati (-34.000, -0,1%) e del relativo tasso (-0,1 punti), associata alla stabilità del tasso di disoccupazione e all’aumento del tasso di inattività tra i 15 e i 64 anni (+0,2 punti).
L’occupazione è cresciuta anche su base annua (+533.000, +2,3% in un anno), dice l’Istituto nazionale di statistica, coinvolgendo i lavoratori a tempo indeterminato (+3,3%) e gli autonomi (+1,3%), ma non i lavoratori a termine, che sono diminuiti (-1,4%). Il calo dei disoccupati (-65.000 in un anno, -3,2%) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-496.000, -3,9%) è proseguito. Questa dinamica si riflette nell’aumento del tasso di occupazione (+1,4 punti rispetto al quarto trimestre del 2022) e nella diminuzione dei tassi di disoccupazione e di inattività (-0,4 e -1,2 punti, rispettivamente).
Dal punto di vista delle imprese, su base trimestrale, le posizioni lavorative dipendenti – registra ancora l’Istat – sono aumentate dello 0,6%, un incremento che ha interessato in egual misura i lavoratori a tempo pieno e quelli a tempo parziale. Anche su base annua, si osserva una crescita significativa delle posizioni dipendenti, pari al 3% nel totale, leggermente superiore per i lavoratori a tempo pieno (+3,1%) rispetto a quelli a tempo parziale (+2,6%). Le ore lavorate per dipendente sono aumentate sia su base trimestrale (+0,6%) che annuale (+1,6%); è aumentato l’uso della cassa integrazione (8,3 ore ogni mille ore lavorate). Il tasso di posti vacanti è aumentato di 0,1 punti su base trimestrale, rimanendo invariato su base annua. Su base congiunturale, il costo del lavoro per unità di lavoro equivalente a tempo pieno (Ula) è aumentato dello 0,7%, a causa dell’aumento dei salari (+0,6%) e, in misura più sostenuta, dei contributi sociali (+1,2%). Sull’anno, l’aumento del costo del lavoro è stato più intenso, con una crescita del 3,4%, leggermente inferiore per i salari (+3,3%) rispetto ai contributi sociali (+3,6%).
Nel 2023, si diceva già in apertura, l’aumento del numero di occupati di 481.000 unità è stato accompagnato da una riduzione del numero di disoccupati e di inattivi tra i 15 e i 64 anni. Il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni è dunque salito al 61,5% (+1,3 punti percentuali in un anno), quello di disoccupazione è sceso al 7,7% (-0,4 punti) e quello di inattività tra i 15 e i 64 anni è sceso al 33,3% (-1,1 punti). L’input di lavoro nelle imprese è aumentato: le posizioni dipendenti sono aumentate del 2,9% e le ore lavorate del 4,9% (al netto degli effetti di calendario), mentre è diminuito l’uso della Cig (-1,6 ore ogni mille lavorate) e del lavoro straordinario nell’industria (-0,3%).