Così le competenze professionali nel mercato del lavoro italiano
Il 37,1% degli occupati svolge attività che richiedono l’utilizzo di apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo di lavoro, rileva l’Istat
di Redazione
Il 37,1% degli occupati svolge attività che richiedono l’utilizzo di apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo di lavoro (nella media dei paesi UE la percentuale è del 41,2%), mentre il 32,9% non utilizza mai tali apparecchiature (27,5 in media europea). Le percentuali più basse di utilizzo delle digital skill si riscontrano tra gli stranieri (7,8%) e le persone meno istruite (9,1%). A utilizzare maggiormente la strumentazione digitale per svolgere l’attività lavorativa sono gli occupati di 30-44 anni, mentre nella classe 15-29 anni si registra la percentuale più alta di coloro che non utilizzano affatto questa competenza (36,5%). Nel complesso degli occupati la percentuale di donne che utilizzano strumentazione digitale per almeno metà del tempo di lavoro è decisamente più alta rispetto a quella degli uomini (42,1 e 33,4%, rispettivamente). A dirlo è l’Istat nel focus Le competenze professionali nel mercato del lavoro italiano.
Ma cosa sono, nello specifico, le digital skill? Quest’ultime, risponde l’Istat, fanno riferimento all’insieme delle abilità tecnologiche che consentono di individuare, utilizzare, condividere e creare contenuti mediante tecnologie informatiche e Internet, potendo spaziare dalle competenze di base, come l’uso del computer, a quelle più specifiche ed evolute, come la scrittura di codici o lo sviluppo di sistemi software per l’intelligenza artificiale.
L’uso massiccio della strumentazione digitale, sia per operazioni basilari (ad esempio spedire email, occuparsi dei canali social e della comunicazione) sia per attività più complesse basate sull’utilizzo di software o applicativi gestionali – spiega l’Istat – caratterizza in particolar modo l’attività degli impiegati, che nell’80,9% dei casi dedicano almeno la metà del tempo lavorativo ad attività di tipo digitale, soprattutto se addetti alle funzioni di segreteria, ai movimenti di denaro o all’assistenza clienti. Tra gli impiegati le quote più elevate si riscontrano tra le donne (88,5%) e i laureati (89,1%) e un elevato utilizzo di competenze digitali si riscontra anche tra coloro che svolgono professioni intellettuali e scientifiche o tecniche: per entrambi, circa i due terzi dichiarano di utilizzare per la maggior parte della giornata lavorativa pc, tablet e smartphone.
L’utilizzo delle digital skill, osserva poi l’Istituto nazionale di statistica, è abbastanza diffuso anche tra i legislatori, imprenditori e l’alta dirigenza, che in oltre la metà dei casi le utilizzano per almeno la metà del tempo di lavoro: la percentuale sfiora il 60% tra le donne e arriva al 77,6% tra chi possiede un titolo di studio terziario. Scendendo nel dettaglio, tuttavia, i comportamenti sono diversi tra i gruppi professionali: i corpi legislativi, i dirigenti dell’amministrazione pubblica così come gli imprenditori, gli amministratori e i direttori di grandi aziende ricorrono frequentemente alle digital skill in oltre il 75% dei casi, quota che tra gli imprenditori e i responsabili di piccole aziende scende al di sotto del 40%.
Le competenze cognitive di lettura e di calcolo, prosegue ancora l’Istituto nazionale di statistica nel focus, mostrano in tutti i paesi dell’UE una forte correlazione positiva tra la percentuale di occupati che dedicano più della metà del loro tempo lavorativo alla lettura di documenti e la percentuale di occupati che dedicano più della metà del loro tempo lavorativo allo svolgimento di calcoli complessi. L’uso frequente di tali competenze caratterizza il 19% degli occupati (19,7% in media europea). Differenze rilevanti per entrambe le variabili si riscontrano quando si analizzano i dati per livelli di istruzione e cittadinanza, mentre sono lievi se si considerano il sesso e l’età. Tra le persone con al massimo la licenza media le percentuali di coloro che dedicano almeno la metà del tempo alla lettura e al calcolo sono rispettivamente il 4,1 e il 3,4%, tra i laureati il 26,3 e il 16,2%; di contro quanti non dedicano alcuna parte del tempo a queste attività sono rispettivamente il 58,5 e il 71,6% per i titoli di studio più bassi e l’11,1 e il 37,6% per i laureati.
Analizzando le competenze cognitive in relazione ai profili professionali, l’Istat rileva differenze notevoli. In riferimento alle reading skill, la quota di chi le utilizza per almeno la metà del tempo lavorativo scende sotto il 5% tra gli artigiani e gli operai specializzati, tra i conduttori e gli operai semi-qualificati e tra coloro che svolgono professioni non qualificate nei servizi; la quota supera invece il 20%, tra i legislatori e gli imprenditori, tra chi svolge professioni specialistiche, tecniche o impiegatizie. La percentuale sale a circa il 30% tra i laureati occupati nelle professioni del I e II grande gruppo professionale, raggiungendo il 40% tra chi lavora nei corpi legislativi, nella dirigenza della pubblica amministrazione o tra gli ingegneri e gli architetti.