La Francia al voto per le elezioni legislative anticipate
La scommessa di Macron dopo le europee. Cosa dicono i sondaggi, quando si vota, come si eleggono i deputati, l’ipotesi coabitazione
di Fabio Germani
Tutto ruota attorno ad un numero, 289, vale a dire i seggi necessari per costituire la maggioranza assoluta nell’Assemblea nazionale. Maggioranza che il presidente francese, Emmanuel Macron, aveva già perso alle elezioni legislative del 2022. Dopo la vittoria del Rassemblement National, il partito di destra di Marine Le Pen e del 28enne Jordan Bardella, alle elezioni europee del 9 giugno, Macron si è intestato quello che diversi commentatori hanno definito un rischio – quanto ponderato lo vedremo poi –, sciogliendo il parlamento francese e annunciando elezioni anticipate per il 30 giugno (il secondo turno si terrà il 7 luglio).
Quella di Macron è stata una mossa a sorpresa anche perché, sondaggi alla mano, la coalizione che fa riferimento all’inquilino dell’Eliseo potrebbe finire schiacciata tra il RN (resta poi da capire, dopo gli scontri interni dei giorni scorsi, in che misura un’eventuale alleanza con Les Républicains prenderà forma, quanti resteranno e quanti potrebbero invece accedere con i liberali di Macron, svanito il tentativo di dare vita ad un più largo “campo repubblicano”) e il Nouveau front populaire, coalizione di centrosinistra che va dal Partito socialista a Les Écologistes, passando per La France Insoumise e così via.
Il Rassemblement National è dato intorno al 33% (mentre i Repubblicani oscillano tra il 4 e il 5%), NFP al 28%, Ensemble al 18%. I dati sembrano dunque non dare grosse speranze a Macron, il quale è all’ultimo mandato presidenziale e ha già dichiarato che non intende dimettersi, qualsiasi sarà il risultato elettorale definitivo del 7 luglio.
Quale scenario appare allora il più probabile? Premesso che resta comunque difficile azzardare previsioni, la coabitazione – ovvero un presidente che adempie alle sue funzioni (soprattutto nell’indirizzo della politica estera) e un governo attento alle faccende di casa – sembra oggi quello più plausibile. Oppure, in alternativa, una grande coalizione in ottica anti-destra, tuttavia al momento difficile da immaginare in vista di accordi politici e ruoli da assegnare.
L’Assemblea nazionale conta 577 deputati ed è la Camera che in Francia dà la fiducia al governo (il Senato, l’altro ramo del parlamento francese, è eletto a suffragio indiretto ed è escluso da tale procedura). I deputati vengono eletti in collegi uninominali con scrutinio maggioritario in due turni (ma se un candidato raggiunge la soglia necessaria non serve il ballottaggio, mentre è fissata al 12,5% quella di sbarramento) e restano in carica per cinque anni.
Il sistema politico francese è di tipo semi-presidenziale, circostanza che di per sé rende possibili le ipotesi di maggioranze presidenziali e parlamentari non coincidenti. Ma con la riforma entrata in vigore nei primi anni 2000 che ha uniformato i mandati di presidente e deputati (in precedenza la permanenza all’Eliseo durava sette anni), le elezioni presidenziali hanno finito – di solito – per trainare quelle legislative, permettendo così al presidente eletto di poter contare su una maggioranza solida anche all’Assemblea nazionale. In questo modo il governo si è spesso rivelato, nei tempi più recenti, un’estensione della volontà presidenziale, circostanza ora messa in dubbio dalla frammentazione politica che si osserva nel paese. L’ultima coabitazione risale al periodo 1997-2002, quando presidente era il neogollista Jacques Chirac e premier il socialista Lionel Jospin.