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Usa 2024. Biden si ritira. E ora?

Quali scenari a pochi mesi dal voto per le presidenziali. Sarà Kamala Harris la candidata dei democratici?

di Fabio Germani

La risposta breve alla domanda del titolo è che, con ogni probabilità, sarà Kamala Harris la candidata democratica alla Casa Bianca. Questo perché dopo il ritiro dalla contesa elettorale di Joe Biden, decisione annunciata domenica 21 luglio, è stato lo stesso presidente a indicarla come persona più adatta per sfidare Donald Trump. Ma per quanto l’endorsement di Biden conti, le cose sono un po’ più complicate di così.

Photo by Jon Tyson on Unsplash

Biden ha dunque annunciato il ritiro e da ora potrà dedicarsi a tempo pieno al ruolo di presidente degli Stati Uniti nei restanti mesi di incarico. La decisione è arrivata a seguito di un mese di pressioni da parte di esponenti e donatori dem (quest’ultimi, in moltissimi casi, hanno congelato i finanziamenti allo scopo di dare un segnale forte alla sua campagna, in direzione di un passo indietro) a cui ha provato a resistere, almeno fino a domenica (le cronache riferiscono di un’informazione giunta a tanti dei suoi alleati in prossimità dell’annuncio).  

Riguardo la campagna elettorale, sarà la convention democratica di Chicago, in programma dal 19 al 22 agosto, a decidere chi sarà candidata o candidato alla presidenza. Ed è qui che le cose potrebbero leggermente complicarsi. I delegati, la quasi totalità di quelli in palio, che Biden ha ottenuto durante la fase delle primarie, sono ora slegati da qualsiasi “obbligo morale” e l’endorsement del presidente alla sua vice di per sé può rappresentare un’indicazione, ma sulla carta niente più. Non è escluso, insomma, a maggior ragione se qualcuno in vista tra i dem decida di candidarsi (regola fondamentale: i candidati alla nomination devono presentare almeno 300 firme, Harris compresa; in totale i delegati sono 4.700), che quella di Chicago possa rivelarsi una “convention aperta”, dove qualsiasi scenario, allora, diverrebbe possibile.

Nel dettaglio, qualora Harris non dovesse raggiungere la maggioranza alla votazione tra i delegati, si procederebbe con un secondo voto a cui prenderebbero parte anche i superdelegati (che sono 700), tra i dirigenti e gli eletti del partito, con risultati a quel punto non più scontati. 

Circolano già alcuni nomi su chi potrebbe decidere di sfidare Harris alla convention, all’incirca gli stessi di cui si parla da quando sono aumentate le pressioni su Biden per il ritiro. Il Washington Post, tra gli altri, propone i nomi di Gretchen Whitmer (governatrice del Michigan), Josh Shapiro (governatore della Pennsylvania), Gavin Newsom (governatore della California) e Pete Buttigieg (attuale segretario ai Trasporti). Secondo diversi media, Shapiro potrebbe essere un potenziale vice di Kamala Harris (la scelta del candidato vice, ad esempio, sarà un’ulteriore questione da non sottovalutare nel quadro sopraggiunto). Via social, Newsom – le cui aspirazioni presidenziali sono state descritte da molti media nei mesi scorsi – ha dato il suo endorsement a Harris, e di Whitmer si mormora non sia interessata al momento a mettere i bastoni tra le ruote alla candidata designata da Biden. Anche la sinistra del partito, dopo aver sostenuto il prosieguo della corsa di Biden, sembra adesso propensa a sostenere Harris («Kamala Harris sarà la prossima presidente degli Stati Uniti», ha scritto Alexandra Ocasio-Cortez su X, promettendole il pieno appoggio). Gli analisti più cinici, però, hanno subito notato il mancato riferimento alla vice di Biden da parte di pezzi importantissimi del Partito democratico, come l’ex presidente Barack Obama e l’ex speaker della Camera, Nancy Pelosi. Sostegno a Kamala Harris è stato invece espresso da Bill e Hillary Clinton.   

La situazione appare, nel suo sviluppo, piuttosto inedita, anche se c’è un precedente simile. Era il 1968 e il presidente Lyndon B. Johnson rinunciò a candidarsi per la rielezione sulla scia, soprattutto, dell’impopolarità della guerra del Vietnam. Anche all’epoca la convention democratica si tenne a Chicago e le presidenziali il 5 novembre. A vincerle fu il repubblicano Richard Nixon.  

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