Attacco cercapersone Libano, sale numero vittime
L’attacco di ieri in Libano e in Siria – l’esplosione dei cercapersone che ha provocato alcune vittime (il cui numero è salito a 12) e il ferimento di migliaia di miliziani Hezbollah – è stata attribuita subito a Israele, con il gruppo libanese che ha minacciato una reazione alla complessa operazione ai suoi danni. La comunità internazionale si è detta perplessa per quanto accaduto nelle scorse, dal Cremlino a Teheran, passando però anche per diversi esponenti o rappresentanti europei, fino al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il quale ha avuto un colloquio telefonico con il premier libanese Najib Mikati, definendo l’accaduto «un atto pericolosissimo». Gli Stati Uniti hanno fatto sapere che «non erano a conoscenza né sono coinvolti» nelle esplosioni di cercapersone in Libano, secondo la versione data dal segretario di Stato, Antony Blinken, il quale si è espresso sul caso dall’Egitto. «Stiamo ancora raccogliendo le informazioni e i fatti, restiamo molto chiari sull’importanza che tutte le parti evitino qualsiasi passo che possa ulteriormente inasprire il conflitto a Gaza», ha quindi aggiunto Blinken. Negli ultimi giorni si erano registrate nuove crescenti tensioni al confine con il Libano, a causa degli scambi di colpi da una parte e dall’altra. Anche la giornata di ieri, prima dell’esplosione dei cercapersone, era stata caratterizzata da una serie di attacchi contro postazioni israeliane o contro obiettivi in Libano. Una situazione che accresce le preoccupazioni della comunità internazionale sulla possibilità di escalation nella regione mediorientale.