Una società fondata sulla prevaricazione
Se dovessimo trovare un simbolo per descrivere l’Italia del 2011 dovremmo prendere il fuoristrada.
Come avviene ogni giorno in città, con veicoli enormi, rumorosi e ingombranti, che ignorano le regole del codice della strada parcheggiando sui marciapiedi, occupando i passaggi pedonali e ostruendo ogni spazio, altrettanto sta avvenendo per la nostra convivenza civile.
Non rispetto i diritti degli altri, faccio della mia maleducazione e protervia un vanto soltanto perché ritengo di essere più forte e più grande.
A perdere siamo tutti noi, ne perde la nostra stessa forma di comunità che, con gran fatica sta cercando di celebrare degnamente i primi 150 anni di unità.
Nel frattempo il rispetto per il bene comune, per il senso di appartenenza a una collettività è stato sepolto, sotto una montagna di ipocrisia e di prepotenza: al di là delle analisi sociologiche rimarrà il senso di delusione per aver dovuto assistere al crollo di un sistema di regole, un capitale sociale abbandonato all’arroganza del potere e dei soldi.
Se un deputato non prova vergogna nell’aggredire una parlamentare costretta su una sedia a rotelle allora che senso ha chiedere ai bambini che frequentano la scuola di rispettare gli altri?
Che senso ha mantenere in piedi un modello di convivenza civile basato sulla solidarietà, sull’impegno nel contribuire allo sviluppo di una nazione? Di rispetto delle istituzioni sono ormai pochi a parlarne.
Ciò che conta è l’apparire, il dimostrare di appartenere alla parte che può permettersi di calpestare tutto, diritti e doveri, trasformando le regole in favori, in scambio.
Ne abbiamo viste tante in questi anni, ogni volta coniando nuove terminologie: utilizzatore finale, dazione ambientale, tangente sessuale, … arrivando a confondere la responsabilità con la compravendita.
Un giorno bisognerà ricostruire tutto, ricominciando a far rispettare anche le strisce pedonali.