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L’Italia è minacciata dall’eversione?

di Fabio Germani

L’Italia è minacciata anche “dal terrorismo internazionale e dall’eversione interna”. A mettere in guardia il premier Mario Monti è stato il presidente del Copasir, Massimo D’Alema, al termine – la scorsa settimana – di una lunga audizione sul tema. Cosicché, nell’informativa del governo al Parlamento, si leggeva che “i riflessi della crisi economica, la conflittualità sociale e il perdurare delle tensioni internazionali dal Maghreb al Medio Oriente rappresentano le principali criticità per l’Italia”. Ma quanto c’è di vero in queste affermazioni? “Nei loro discorsi – spiega a T-Mag Patrizia Catellani, professoressa di Psicologia sociale all’Università Cattolica di Milano e autrice del volume Psicologia politica (il Mulino, 2011) –, i politici parlano spesso di sicurezza e descrivono ciò che la minaccia. Nel discorso politico fare riferimento alla minaccia può essere doppiamente ‘utile’. Da un lato il riferimento a un futuro negativo, il ricorso alla paura, colpisce e può convincere più del riferimento a un futuro positivo. Infatti il bisogno di salvaguardare se stessi dai pericoli è uno dei bisogni più impellenti per le persone, e di fronte al pericolo le persone si uniscono e si compattano. Dall’altro lato, quando parla di minacce il politico parla di qualcosa che non è ancora avvenuto. Quindi può proporre al cittadino una rappresentazione della realtà che, proprio perché riferita al futuro, non può essere smentita. È la cosiddetta retorica del futuro”.

Parlare di rischio eversione nel nostro Paese significa anche rievocare tristi eventi storici. Quanto influisce la crisi economica negli attuali episodi di proteste in Italia e in Europa? Ed eventualmente, si può parlare di una matrice diversa rispetto a quella che caratterizzò i movimenti del passato?

Andrebbe chiesto a uno storico o a un sociologo. Comunque, molto probabilmente sono altre le classi sociali coinvolte. Sono altre le battaglie fatte. Sono altri i nemici principali. Se allora si combatteva contro un sistema di regole e di vincoli che impediva la libera espressione delle persone, ad esempio in termini di libertà sessuale, oggi si combatte contro un sistema che non salvaguardia dei valori di uguaglianza, pari opportunità e si combatte anche per l’affermazione di valori per certi aspetti nuovi, ad esempio quelli legati a un’economia sostenibile.
Psicologicamente, però, ciò che muove le persone, allora come ora, è in parte simile, ed è quello che spesso muove i movimenti di protesta. Non ritenersi a sufficienza rappresentati da nessuno. Ritenere ad esempio che il mondo della rappresentanza politica rappresenti se stesso più che i cittadini e che il mondo economico controlli in modo molto ampio il mondo politico, rispondendo solo agli interessi di alcuni.

Sulla base dell’attuale situazione politica italiana, qual è la sua idea riguardo il senso di appartenenza e di affermazione degli italiani per uscire dalla crisi? Si avverte, a suo avviso, la necessità di una “battaglia” condivisa?

Il tema della “battaglia condivisa” è piuttosto spinoso. Di sicuro sembra in aumento l’attenzione degli italiani sul fatto che i sacrifici richiesti siano davvero tali per tutti. Questo aumento di attenzione da un lato potrebbe esasperare la lotta fra alcune categorie sociali o addirittura fra singoli cittadini. Dall’altro però potrebbe alla lunga aumentare anche il senso civico degli italiani, la comprensione del fatto che vivere in una collettività non significa sposare una logica del “vivi e lascia vivere”, ma piuttosto una logica in base alla quale i primi garanti della non violazione della legge da parte di alcuni sono gli stessi cittadini.

Spesso esponenti del governo hanno sostenuto che i cittadini hanno compreso la portata dei sacrifici loro richiesti. Si tratta più di una strategia comunicativa o c’è del vero in queste dichiarazioni?

Ci sono due componenti importanti nella valutazione di un politico, la competenza e la moralità. Se tutto sommato non c’erano critiche forti alla competenza dei governanti precedenti, ce ne erano di forti rispetto alla loro moralità. Processi, episodi evidenti di corruzione e malaffare avevano portato a una grande sfiducia da parte dei cittadini. Anche le promesse non mantenute, il fatto di aver inizialmente negato che ci fosse una crisi economica, il fatto di avere continuato a farlo (Berlusconi dicef ino all’ultimo: “Ma i ristoranti sono pieni…”), ha sicuramente creato un contrasto forte fra le aspettative e la realtà. Alla lunga questo ha portato a una grande delusione e ha ben disposto i cittadini verso questo governo di tecnici, percepito come competente e morale, anche perché aveva un garante percepito come integerrimo e al massimo nella percezione di fiducia come il presidente della Repubblica.
Questa è una buona premessa perché i cittadini sopportino, almeno per ora, i sacrifici richiesti. La fiducia è essenziale in questi casi, perché solo se ti fidi di chi si rivolge a te puoi accettare l’idea di un male immediato – i sacrifici, appunto – che potrebbe poi portare a un bene in un secondo tempo, un bene che per adesso ancora non vedi. Naturalmente questo bene prima o poi deve arrivare, altrimenti la delusione potrebbe rapidamente portare i cittadini all’esasperazione.

In che modo le contingenze del momento influenzeranno secondo lei le future scelte di voto?

Dipenderà molto da quanto i partiti e le coalizioni contrapposte sapranno appropriarsi di quanto viene percepito come “positivo” di questo governo tecnico e smarcarsi invece da quanto viene percepito come “negativo”. Ci troveremo infatti di fronte alla situazione del tutto anomala per cui non avremo la solita campagna elettorale con una coalizione al governo che deve difendere il proprio operato e una coalizione di opposizione che attacca questo operato. Naturalmente è facile pensare che, poiché la memoria del cittadino è spesso corta, il centrodestra potrebbe avvantaggiarsi del fatto che l’ultimo periodo di governo, inclusi i sacrifici richiesti, non è stato il suo, e riproporsi, sia pure a ranghi in parte mutati, come possibile risposta ai bisogni dei cittadini. Dal canto suo il centrosinistra, non essendo stato ultimamente al governo, se non per affiancare l’attuale esecutivo, deve cercare di mettere a punto proposte che al cittadino sembrino valide e, se possibile, dare qualche prova tangibile della sua capacità di governare, ad esempio citando quanto sta accadendo in una città come Milano. E in definitiva, ovviamente, saranno essenziali le capacità comunicative dei contendenti.

 

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