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Partiti e governo, liberalizzazioni “spacca-tutto”

di Stefano Iannaccone

Un percorso a ostacoli che è ormai giunto alla fine. Il decreto “Cresci-Italia”, quello delle liberalizzazioni, ha superato il difficile esame della commissione in Senato. I partiti hanno cercato di intaccare il provvedimento, accontentando le principali lobby di riferimento. Alla fine, alcuni spigoli sono stati ammorbiditi, in particolare sulla questione legata alle licenze dei taxi: Palazzo Chigi ha delegato le mansioni ai sindaci e all’Autorità preposta. Per il resto il decreto “spacca-tutto” ha unito tutti.
Pdl. La strategia di comunicazione, perseguita soprattutto dal Popolo della libertà, è stata indirizzata su un approccio migliorativo con la volontà annunciata di integrare il testo. L’obiettivo principale è stato in realtà di non generare ulteriore irritazione tra il bacino elettorale di riferimento.
Pd. Il Partito democratico, invece, ha cercato di spingere per rendere il decreto una vera e propria rivoluzione liberalizzatrice per intestarsi la paternità delle misure più incisive. E magari cercare di far dimenticare all’elettorato di centrosinistra la manovra e la (prossima) riforma del mercato del lavoro.
Governo. Il presidente del Consiglio, forse in un eccesso di entusiasmo, aveva sostenuto che il decreto poteva far aumentare il Pil del 10%. Una presa di posizione “estrema”, che però mirava a promuovere il testo come un’entità salvifica. Il risultato d’immagine è stato comunque accettabile: Mario Monti, ex commissario alla Concorrenza dell’Unione europea, può rivendicare di aver rimosso alcune ataviche incrostazioni. E se qualcuno dirà che poteva fare di più, la replica è pronta: lui ha fatto il lavoro in pochi mesi dopo anni di immobilismo.

 

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