Vince l’opposizione
Per prima cosa, senso della misura. Le elezioni amministrative italiane – un test limitato, aperto a 10 milioni di elettori, di cui poco più della metà ha votato – non hanno molto a che vedere con quelle francesi o greche, anche se da oggi se ne parlerà all’infinito, come se fossero – e non lo sono – più importanti.
Il vincitore morale, oltre qualsiasi previsione, è stato Grillo con il suo movimento antipolitico, antipartitico, antitutto, che ha toccato quasi ovunque percentuali a due cifre, entrando in ballottaggio, o sfiorandolo in alcune delle maggiori città, e candidandosi, al secondo turno, ad eleggere più di un sindaco. Il maggior sconfitto è il partito maggiore, il Pdl ridotto al lumicino e battuto a Palermo, la città da cui partì undici anni fa l’offensiva del 61 a zero nei collegi, e dove il segretario Alfano, che viene dalla scuola siciliana del centrodestra, non era riuscito neppure a presentare un candidato del Pdl. Il paradosso dell’ex-partito del presidente è che con Berlusconi è impresentabile, ma senza è diventato inesistente. E soprattutto che i voti berlusconiani in libera uscita non vanno al Terzo polo, altra promessa tradita di queste elezioni.
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