La Lega ora mostra i muscoli del pacifintismo
La Lega Nord, il partito dei pacifisti che non ti aspetti. La decisione di intervenire in Libia contro il regime di Gheddafi attraverso azioni mirate sugli obiettivi militari ha infatti sconquassato la maggioranza. Tanto da indurre Bossi a chiamare persino il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tuttavia emerge un dato significativo dall’attuale crisi – concedeteci il termine inappropriato – di governo.
Se fino a poche settimane fa Umberto Bossi ordinava foera di ball ai migranti ammassati a Lampedusa, ora il portavoce dei pacifisti in seno al Carroccio è Roberto Calderoli il quale ha affermato in queste ore: “La Lega Nord è contraria alla guerra”. Ma sia chiaro: le guerre a cui la Lega è contraria sono soprattutto “quelle che coinvolgono dei poveretti, che poi inevitabilmente si riverseranno nel nostro Paese”. A ben vedere il paradigma non cambia, l’importante è che troppi “poveretti” non raggiungano le coste italiane.
Il partito dei pacifisti, per bocca del ministro dell’Interno Maroni, ha ulteriormente spiegato la propria posizione nella giornata di ieri: “Siamo rimasti sorpresi perché nell’ultimo Consiglio dei ministri Berlusconi era contrario ai bombardamenti. Noi non cambiano idea da un giorno all’altro. I bombardamenti intelligenti, per definizione, non esistono”.
Tutto lecito, per carità. Si può essere d’accordo o meno con l’opportunità dell’intervento in Libia o con la tempestività della Risoluzione Onu che di fatto ha aperto le ostilità. Ma restano alla memoria altre dichiarazioni, molto recenti anch’esse. “Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli. Almeno per ora”, affermò Roberto Castelli il 12 aprile durante il programma radiofonico Un giorno da pecora. “Molto spesso, quando i nostri pescherecci, disarmati, si avvicinano alle coste della Tunisia vengono mitragliati. Usiamo lo stesso metodo”, rincarò la dose all’indomani l’eurodeputato leghista Francesco Speroni, intervenendo a Radio 24.
Pacifisti sì. Alla bisogna, però.