America spendacciona
Le elezioni americane si sono giocate sull’economia: come rimettere in sesto la finanza pubblica del Paese e il ruolo che deve avere lo Stato sociale. Il debito pubblico americano viaggia verso il 100 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) e non si ferma. A politiche invariate, la spesa sanitaria e in particolare il Medicare (la protezione gratuita per tutti gli anziani, ricchi e poveri) crescerà a ritmi esponenziali; i sistemi pensionistici dei dipendenti di molti Stati sono già sull’orlo della bancarotta. I tassi di interesse non potranno rimanere così bassi per sempre, tenderanno invece a salire. E con un debito così alto, anche aumenti modesti si trasformeranno in macigni per i contribuenti. La politica monetaria non potrà aiutare, avendo esaurito da tempo le sue cartucce. La crescita del Pil è discreta ma non sarà sufficiente a ridurre il rapporto con il debito. Obama ha di fronte a sé tre strade. La prima è di fare poco o nulla. Sfiorare ma evitare di cadere nel fiscal cliff , quel «precipizio fiscale» frutto della pericolosa combinazione che si verificherà a fine anno quando termineranno alcune agevolazioni fiscali e contemporaneamente partiranno tagli di spesa automatici.
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