Nord-Sud: un’Italia spaccata in due
La crisi economica che ha investito il Paese continua ad allargare il divario tra il Nord e il Sud. Secondo i dati riscontrati da un’analisi del Censis, tra il 2007 ed il 2012 il Pil del Mezzogiorno ha registrato una contrazione del 10% contro il 5,7% del Centro-Nord. Le cause di questo tracollo sono legate a piani di governo poco chiari, ad una burocrazia lenta nella gestione delle risorse pubbliche, a infrastrutture scarsamente competitive, ad una limitata apertura ai mercati esteri e a un forte razionamento del credito.
Divario anche tra i redditi pro capite: nel meridione si attesta infatti al 57% di quello del Centro-Nord. Questo, sottolinea il Censis, evidenzia un dualismo territoriale tipico del nostro Paese oltre che unico in Europa. Inoltre, confrontando il reddito pro-capite delle tre regioni più ricche e più povere dei grandi Paesi dell’Eurozona si rileva che l’Italia ha il maggior numero di regioni con meno di 20 mila euro pro-capite. Sono sette, contro le sei della Spagna, le quattro della Francia ed una della Germania. Dall’altro lato, però, la Germania “vanta” dieci regioni con un reddito pro-capite oltre i 30 mila euro, mentre la Francia ne ha una, l’Italia cinque e la Spagna nessuna.
“Il Centro-Nord (31.124 euro di Pil per abitante) – si legge nel rapporto del Censis – è vicino ai valori dei Paesi più ricchi come la Germania, dove il Pil pro-capite è di 31.703 euro. Mentre i livelli di reddito del Mezzogiorno sono inferiori a quelli della Grecia (17.957 euro il Sud, 18.454 euro la Grecia)”.
Il divario si mostra anche nella crisi del lavoro: dei 505 mila posti di lavoro persi in Italia dall’inizio della crisi economica il 60%, circa 300 mila unità, ha riguardato il Mezzogiorno.
Tra il 2007 e il 2011 gli occupati nell’industria meridionale si sono ridotti del 15,5% contro il calo del 5,5% riscontrato al Centro-Nord. Oltre 7.600 imprese manifatturiere del Mezzogiorno sono uscite dal mercato tra il 2009 e il 2012.
Nel Mezzogiorno crescono più drasticamente che al Nord anche le diseguaglianze sociali: “Il 26% delle famiglie residenti nel Mezzogiorno è materialmente povero a fronte di una media nazionale del 15,7%. E nel Sud sono a rischio di povertà 39 famiglie su 100 a fronte di una media nazionale del 24,6%. Il persistere di meccanismi clientelari, di circuiti di potere impermeabili alla società civile e la diffusione di intermediazioni improprie nella gestione dei finanziamenti pubblici contribuiscono ad alimentare ulteriormente le distanze sociali impedendo il dispiegarsi di normali processi di sviluppo”.
Per quanto riguarda la scuola e la formazione, risulta che al Sud si spende di più che nel resto del Paese, ma i risultati sono peggiori. La spesa pubblica dedicata all’istruzione e alla formazione nel Mezzogiorno è il 6,7% del Pil contro il 3,1% destinato al Centro-Nord, circa 1.170 euro pro-capite contro i 937 del resto d’Italia. Nonostante ciò, il tasso di abbandono è del 21,2% nel Mezzogiorno e del 16% al Centro-Nord. Al Sud cresce sempre più il fenomeno dei Neet: “il 31,9% dei giovani di 15-29 anni – riporta il Censis – non studiano e non lavorano”. Situazioni di emergenza si registrano in Campania e in Sicilia dove il fenomeno si attesta rispettivamente al 35,2% e al 35,7%. Non solo, gli studenti più facoltosi, il 23,7%, si spostano per gli studi universitari negli atenei centro-settentrionali contro il 2% che migrano in senso opposto.
La crisi economica ha portato, ovviamente, anche ad progressivo deterioramento dei servizi sanitari. E’ un cambiamento notato dal 7,5% degli intervistati al Nord-Ovest, dall’8,7% al Nord-Est, dal 25,6% al Centro e addirittura dal 32,1% al Sud. Un’alta percentuale, il 17,1% di residenti meridionali, ha infine affermato di essersi spostato in un’altra regione per farsi curare.
“La spesa pubblica dedicata all’istruzione e alla formazione nel Mezzogiorno è il 6,7% del Pil contro il 3,1% destinato al Centro-Nord”, dai vostri dati traspare discriminazione verso il Nord nel campo dell’istruzione, ovvero potendo analizzare qualsiasi dato verrebbero alla luce i motivi per cui l’Italia è malgovernata e amministrata.
Ed il nuovo governo non apporterà alcun miglioramento, ma sarà solo l’ultimo artefice di una recessione non solo economica.