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Ecco “Hater”. Per dire ciò che odiamo

di Claudia Carmenati

haterLucy Van Pelt, Vittorio Sgarbi e Dottor House esulterebbero. Arriva Hater il primo social network per condividere non ciò che ci piace, ma ciò che odiamo. Il funzionamento è quello del fratello “buono” Facebook, ogni utente ha una sua pagina in cui posta frasi, foto e link che ritiene insopportabili. La cromia e la grafica scelte per il sito sono decisamente noir, il colore predominante è il nero e le sue sfumature. Il simbolo invece è uno stilizzato pollice verso. Se il pay off del sito di Zuckerberg è join us, cioè unisciti a noi, in una logica collettiva, un invito positivo a creare collegialità, per Hater c’è un più sincero express yourself, esprimi te stesso.
Quasi ad ammettere che non solo abbiamo un lato oscuro, ma che è sano manifestarlo.
Che sia percepibile una certa stanchezza verso il buonismo di Fb, è cosa nota. Sembra che da quando sia nato il social network esistano solo apprezzamenti, comportamenti amichevoli, pensieri profondi. Quanto di più lontano dal nostro tempo. Sembra che il nostro avatar gentile viva solo nella rete, mentre l’anima nera è quella che gira per le strade, insultando i passanti, litigando per il parcheggio o inveendo per il traffico. Sembra molto politically correct: anche l’Io cattivo ha così la sua ribalta. Mi piace Hater, devo ammettere che inizio a trovare Fb stucchevole. E tutti questi mi piace, sei/ siete bellissimo-bellissima-bellissimi, tutti fotogenici e amati, improbabile direi. Fb: un mega generatore di aspettative, per la maggior parte delle volte deluse dalla realtà: “La vedi sul profilo è una modella, la vedi dal vivo è un citofono”. Amena discussione in un bar romano. Inoltre sono una sostenitrice del pensiero critico, del disallineamento e della teoria del caos. Se riuscirà a emergere dalla massa dei nuovi social ed avere una diffusione su larga scala Hater potrebbe essere fonte di informazioni interessanti, tanto che lo stesso fondatore, Jake Banks, ha dichiarato che “non si tratta (solo) di dare sfogo alla propria frustrazione, ma di sottolineare gli ambiti in cui si vorrebbe intervenire per cambiare e migliorare ciò che ci circonda: più avanti verrà dedicata un’area apposita a questo aspetto, chiamata Hate For Good”. Intanto mi iscrivo a Hater, e odio: la salsa e tutti i ballerini del sabato sera, odio quelli che escono prima della fine del film o della partita, odio quando non si collega il bluetooth in auto e mi tocca tenere il cellulare in bilico tra spalla e orecchio e tenere il terzo occhio aperto per vedere se ci sono i vigili…

 

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