Larghe intese difficili
Certo, meglio che niente. Meglio un governo con a capo un esponente (giovane) del Pd ed un esecutivo con qualche faccia diversa dal solito che andare subito ad elezioni, consegnando di nuovo il paese al solito Berlusconi. Ma l’elettorato del Pd non si abbandona a canti e danze di felicità per il modo in cui il suo partito ha condotto le fasi che hanno demarcato il periodo post-voto. Tutt’altro.
Innanzitutto, come è quasi superfluo sottolineare, il comportamento ondivago tenuto in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica è criticato da oltre la metà degli elettori Pd. La scelta di tornare di nuovo a Napolitano ha incontrato il favore di poco più del 50 per cento tra loro, mentre gli altri avrebbero preferito che si puntasse su Stefano Rodotà o su un altro nome ancora, visto che quello di Romano Prodi (il preferito in assoluto) era diventato improponibile. Le stesse manifestazioni di protesta dei giorni successivi sono state abbastanza condivise, e giudicate espressione della maggioranza degli italiani da una quota vicina al 45 per cento dei democrat.
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