Giulio Andreotti, una vita in politica
“Il potere – era solito dire – logora chi non c’è l’ha”. Lo diceva con quella sua voce lenta ed educata, che gli italiani hanno imparato a conoscere negli oltre sessant’anni di carriera politica vissuta sempre da protagonista. Perché Giulio Andreotti, nato nel gennaio del 1919 e scomparso lunedì 6 maggio, è stato senza dubbio una delle figure politiche più importanti della storia della Repubblica italiana.
Dopo un’infanzia vissuta al fianco della madre, rimasta vedova giovanissima, e una maturità conseguita al liceo classico, Andreotti si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza.
L’esperienza universitaria fu fondamentale, proprio in quegli anni infatti Andreotti cominciò ad interessarsi di politica, entrando a far parte della Federazione universitaria cattolica Italiana, l’organizzazione dove si formò buona parte della classe dirigente della Democrazia Cristiana. Finito il secondo conflitto mondiale, Alcide De Gasperi decise di inserirlo nella Consulta nazionale nel 1945 e successivamente ne favorì la candidatura alle elezioni del 1946 all’Assemblea Costituente. Di lì in poi Andreotti non lasciò più la politica, dal 1948, quando venne eletto per la prima volta nel Parlamento italiano, fino al 1991, quando Cossiga decise di nominarlo senatore a vita.
In oltre sessant’anni di carriera politica, Andreotti ricoprì per sette volte la carica di presidente del Consiglio (tra cui il governo di “solidarietà nazionale” durante il rapimento di Aldo Moro (1978-1979), con l’astensione del Partito Comunista Italiano); otto volte quella ministro della Difesa. Per ben cinque volte fu ministro degli Esteri; tre volte ministro delle Partecipazioni Statali; due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell’Industria; una volta ministro del Tesoro, ministro dell’Interno (il più giovane della storia repubblicana, a soli trentaquattro anni), ministro dei beni culturali (ad interim) e ministro delle Politiche comunitarie.
Una vita intera vissuta al potere. Una carriera unica e che incominciò quasi per caso. Perché come confessò qualche anno dopo, raccontando come tutto ebbe inizio, “De Gasperi io non lo conoscevo. Mi venne detto: ‘Vieni a lavorare con noi’. Allora ho cominciato, e non era affatto nei miei programmi. Poi, si sa, la politica è una specie di macchina nella quale se uno entra non può più uscirne”.