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Le preoccupazioni fuori dall’Italia

christine_lagardeIn attesa di mercoledì che sarà la prova del nove per il governo Letta, il Fondo monetario internazionale già mercoledì aveva messo l’Italia in guardia sugli effetti di una possibile crisi. L’instabilità politica accresce anche quella economica, ma c’è da aggiungere che a leggere i numeri contenuti nel rapporto sul nostro Paese emerge un quadro di difficoltà che esula – almeno a stretto giro di posta – dalla capacità di tenuta dell’esecutivo dopo le defezioni del Pdl delle ultime ore.
Il Pil, secondo il Fmi, si contrarrà dell’1,8% nel 2013 per poi tornare a crescere il prossimo anno dello 0,7%. “Dopo due anni di recessione – si legge nel Rapporto – l’economia sta mostrando segni di stabilizzazione, ma continua a dover affrontare forti venti contrari a causa della ristrettezza del credito. Una modesta ripresa è attesa arrivare alla fine di quest’anno, guidata dalle esportazioni”.
“Le origini della bassa crescita italiana – spiega ancora il Fmi – precedono la crisi e derivano dalla produttività stagnante, dal difficile ambiente per fare impresa e dall’ultraindebitato settore pubblico”. E senza riforme strutturali (che comunque possono essere garantire solo da un governo forte) “la crescita di medio termine è destinata a rimanere debole”.
Sul fronte dei conti pubblici, il Fondo prevede che il deficit italiano si attesterà al 3,2% del Pil quest’anno, contro il 3,1% fissato dal Def, per poi scendere al 2,1% il prossimo.
Tuttavia, l’invito del Fmi è quello di “riequilibrare urgentemente il modello di risanamento del bilancio per sostenere maggiormente la crescita”. Questo perché “con il peso delle tasse in Italia tra i più alti nell’Ocse al 44% del Pil, si dovrebbe fare di più per aiutare l’economia abbassando la tassazione su capitale e lavoro con tagli alla spesa corrente non produttiva e alle esenzioni fiscali”.
Anche Bruxelles è in apprensione dato il momento. Non bisogna infatti scordare che entro il 15 ottobre dovrà essere presentata la legge di Stabilità.

F. G.

 

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