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Ma il terremoto politico continua

di Carlo Buttaroni

letta_alfanoIn una settimana tutto è cambiato. E forse nulla sarà più come prima. Il senso di questi giorni è nelle immagini che hanno fatto il giro del mondo. Scatti consegnati alla storia che rimarranno a lungo impressi nella memoria collettiva. Fotogrammi che segnano la fine di quella che è stata chiamata, con eccessiva enfasi, “seconda” Repubblica ma che, in realtà, è stata soltanto la lenta agonia della “prima”.
Molte storie si sono avvicendate in questi giorni, personali e collettive. Intrecciate tra loro dalle circostanze, prima ancora che dalle volontà dei protagonisti. I numeri rappresentati nei sondaggi rivelano quest’emotività sofferente, così come sofferente è la geografia del consenso che la riflette. E, più che anticipare il rovesciamento dei rapporti di forza tra i partiti, avvenuto nel giro di pochi giorni e destinato a inevitabili ulteriori cambiamenti, segnano uno spartiacque tra il “prima” (che non c’è più) e il “dopo” (che non c’è ancora). Perché in realtà tutto deve ancora accadere. La seconda Repubblica è finita, ma gli indizi della nuova stagione sono labili. L’unica certezza è che, questa volta, sarà impossibile riavvolgere il nastro. A lungo ragioneremo su questi anni. Anni in cui ha trovato espressione una personalizzazione ossessiva, vissuta come imperativo assoluto, insolubile negli interessi generali. Vivere senza limiti, senza restrizioni e senza responsabilità verso gli altri: era questa la promessa annunciata da una paraideologia che ha messo radici in una società dalle sincronie rarefatte e disordinate, orfana dei grandi pensieri del Novecento.
Adesso tutto sembra distante. Non solo dal passato recente ma anche dal futuro prossimo. Papa Francesco, per quanto possa sembrare incommensurabile il suo magistero con le vicende di casa nostra, è l’emblema di questa rivoluzione. Perché dopo anni di silenzio ha dato voce a un sentimento di riscatto da quell’io-ipertrofico che si è scoperto morente dopo essersi nutrito, troppo a lungo, dei titoli di borsa, della conversione dell’etica in euro, del successo personale da raggiungere a tutti i costi.
Papa Francesco ha acceso la luce, riportando al centro valori che si credevano perduti per sempre, dando forza al desiderio di uscire dall’angolo dell’individualismo autoreferenziale per guardare, con rinnovata attenzione, alle responsabilità che ciascuno ha di fronte ai propri simili, considerati non più soltanto come limite, ma anche come condizione irrinunciabile della libertà individuale.
Esserci in prima persona, non più lontani ed estranei da ciò che accade: ecco il messaggio del Papa, perché l’uomo non risponde a due chiamate diverse, non persegue due destini, ma cresce e matura come individuo naturalmente dotato di socialità. E non può sopravvivere a se stesso se spogliato della sua completezza, perché qualsiasi ambito è stretto nel momento in cui compie lo sforzo di respirare al massimo. Un ethos inteso non solo come capacità morale, ma anche come competenza e conoscenza, come stimolo e tensione interiore a operare pubblicamente nella giustizia e a favore dell’interesse di tutti. E sotto questo punto di vista, Papa Francesco si pone come guida morale ancor prima che spirituale. Il messaggio è forte, senza equivoci e nelle sue parole prende forma una società che si rafforza nelle sue vocazioni primarie: la sanità, l’assistenza ai più deboli, l’istruzione, la solidarietà. La forza del messaggio è anche nella rinnovata attenzione alla dimensione etica, a ciò che è giusto per tutti. Da una parte l’individualismo, disgregatore di più ampie e morali solidarietà, dall’altra, l’etica pubblica, che si afferma nell’alveo di una società che ha bisogno di ritessere il filo lacerato di una convivenza fondata sul valore intrinseco e intangibile della persona umana e della sua dignità, declinata su una solidarietà condivisa. E’ su questi punti che il Pontefice, seppur indirettamente, chiama la politica a una responsabilità che aveva dismesso: quella di costituirsi agenzia di senso, incubatore di un futuro assai diverso dal passato.
D’altronde, la transizione di oggi anticipa una ripartenza che può e deve trovare fondamento nella riscoperta di quell’etica pubblica che spinge ogni individuo alla migliore espressione della propria natura. Un cambio di prospettiva che, inevitabilmente, costringe la politica a misurarsi con se stessa, con i suoi modi di fare e di essere, nelle scelte che compie e nei modi in cui le compie.
Non è un desiderio astratto quello di dare avvio a una nuova stagione politica che – da predisposizione e buoni propositi – dia finalmente sostanza a buone pratiche. Così come non è un’illusione il desiderio di inaugurare un tempo di virtù civiche e di virtù morali. Non è ancora un progetto – ma sembra assomigliargli molto – la speranza di far tornare la politica a favore dell’uomo, di rifondare la società su scelte che pongono la questione morale a fondamento di quella civile per tornare a farsi carico dell’idea di bene comune e a un’idea di società dove la libertà dell’individuo si accresce e si rafforza in un sistema di solidarietà intelligente. Le parole del Papa interpretano un sentimento diffuso più di quanto s’immagini: quello di dare forma a un nuovo patto, ispirato al comune sentire di una civile appartenenza. Un patto che tragga forza dal desiderio di dirigersi non più verso l’utile individuale, ma verso il bene della comunità, dove la libertà dell’individuo si accresce e si rafforza in un sistema di valori e di solidarietà intelligente. Non rispondere al bisogno di una rifondazione intorno a valori che ispirino le scelte e le azioni pubbliche, espone al rischio di consolidare la frattura tra politica e società. Ed è questo il vero pericolo per la libertà e la democrazia.
Non si tratta solo di affermare il primato di questo o di quest’altro modello economico, ma di favorire una riconversione della positività del sociale, innestata su un’idea sostantiva dei diritti e dei doveri. Perché anche i diritti, per essere effettivamente tutelati al pari dei doveri, devono affermarsi in una dinamica virtuosa, che ha come obiettivo lo sviluppo umano e sociale e che solo in questo modo può essere il medium sostanziale anche per lo sviluppo economico.

Questo articolo è stato pubblicato su l’Unità del 7 ottobre. Qui il monitor politico di Tecnè per SkyTG24

 

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