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I settori che trainano l’economia

di Mirko Spadoni

crisi_personeÈ una dinamica ormai consolidata in tempi di crisi economica. Il calo dei consumi di buona parte dei nuclei familiari (solo nel 2012, la spesa media mensile è diminuita del 2,8%) è accompagnato dalla crescita costante di un altro settore dell’economia: quello dei beni di lusso, cresciuto nell’ultimo anno – e a livello mondiale – del 2%.
Secondo i dati Istat, pubblicati solo qualche tempo fa, nel 2012 la spesa media mensile per famiglia è stata pari, “in valori correnti”, a 2.419 euro. Ovvero ben il 2,8% in meno rispetto all’anno precedente. Ma quali sono le voci di spesa che hanno subito i maggiori tagli? La spesa alimentare è sostanzialmente stabile, passa da 477 a 468 euro. Un aspetto sicuramente non secondario, ma dovuto soprattutto “alle strategie di contenimento della spesa” messe in atto dalle famiglie per fronteggiare l’aumento dei prezzi: è cresciuta, infatti, le percentuali di chi “ha ridotto la qualità e/o la quantità dei generi alimentari acquistati” (dal 53,6% del 2011 al 62,3% del 2012). Ma è aumentata anche la quota delle famiglie che hanno deciso – in virtù delle crescenti difficoltà economiche e “a scapito prevalentemente di supermercati, ipermercati e negozi” – di fare i propri acquisti tra gli scaffali degli hard discount, passando dal 10,5% del 2011 al 12,3% nel 2012. Ma è diminuita anche la quota di spesa destinata all’abbigliamento e alle calzature: dal 5,4% si scende al 5,0%. Decisamente più marcato è il calo registrato nelle regioni del Mezzogiorno, dove si è passati dal 6,6% al 5,7%. In quest’ultima ripartizione, quasi il 22% delle famiglie (contro il 16,7% osservato a livello nazionale) ha ammesso di aver diminuito, rispetto all’anno precedente, la quantità di vestiti e scarpe acquistati e di essersi orientato verso “prodotti di qualità inferiore”.
Gli italiani, denunciava il Codacons solo qualche giorno fa, sono animati dalla “costante paura di non riuscire a farcela” e sono “obbligati a risparmiare sull’acquisto del cibo”. “Il 50,8% dei nuclei familiari – proseguiva il Codacons, commentando i dati dell’istituto di statistica – non può permettersi una settimana di ferie, il 42,5% non riesce a sostenere una spesa imprevista di 800 euro ed il 16,8% non può permettersi un pasto”.
L’immagine offerta dalle indagini dell’Istat, trova ulteriore conferma anche dall’ultimo outlook socioeconomico Tecnè per TGCOM24, secondo cui le difficoltà economiche hanno costretto – e stanno costringendo – gli italiani a molte rinunce. E così l’81% ha dichiarato di aver “ridotto la quantità o acquistato prodotti di qualità inferiore”, mentre solo il 19% è “riuscito ad acquistare tutto quello di cui aveva bisogno come 12 mesi fa”.
Il 37% ha dichiarato di aver rinunciato al “pesce”, in aumento del 6% rispetto a dodici mesi fa. Agli “insaccati e stagionati” (il 36%), alla “carne” (il 28%), ma anche alla “prima colazione” (il 27%) e ai “prodotti per l’igiene” (il 22%). Hanno subito cali inferiori “pasta” e “latte”, entrambi all’8%, e il “pane” (il 7%). Ma mentre molti italiani, per non dire la maggior parte di essi, sono costretti a “tirare la cinghia”, c’è un mercato che non conosce la crisi economica e continua a crescere, quello dei beni di lusso (il 7% dei quali avviene, secondo una ricerca condotta da Google in collaborazione con Ipsos, online).
Stando ai dati raccolti nell’Osservatorio Altagamma sui mercati del lusso 2013, realizzato da Bain & Company per conto della Fondazione guidata da Andrea Illy, che riunisce le aziende dell’eccellenza italiana, solo nell’ultimo anno il mercato dei beni di lusso è cresciuto del 2%, “una percentuale che arriva al 6% se non si considera la fluttuazione delle valute (che quest’anno sono state nettamente sfavorevoli per l’Euro, con lo Yen che contribuisce a metà dell’impatto valute)”.
Tanto per farsi un’idea: il settore automobilistico ha contribuito con 319 miliardi di euro, quello di “vini e alcolici” con 55 miliardi, “scarpe” con 13 miliardi, “abbigliamento uomo” (26 miliardi di euro) e “donna” (27 miliardi). Bene è andata anche al settore degli “orologi” e della “piccola pelletteria”, entrambi con 36 miliardi di euro. Ottimi risultati sono stati conseguiti anche dal “gourmet food” (39 miliardi di euro), dal settore del “mobil e design” (19 miliardi di euro), dal settore alberghiero (138 miliardi) e della gioielleria con 13 miliardi di euro. Tra tutte queste percentuali, ce ne è anche qualcuna che rassicura (almeno in parte) la nostra economia: i brand italiani hanno conquistato quota di mercato, passando dal 21% del 1995 al 24% di oggi, avvicinandosi così alla quota in possesso dei brand francesi (29%).
E le stime lasciano presagire un 2014 sugli stessi livelli: “a livello mondiale, la spesa dei beni personali di lusso crescerà del 2% raggiungendo i 217 miliardi di euro”, sostiene la ricerca condotta da Bain & Company.

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