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I temi delle europee: i fondi strutturali

di Fabio Germani

commissione _europea“Il mancato uso dei fondi europei grida vendetta”, ha affermato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante il suo ultimo tour per le città del Sud Italia. E non è un caso che lo abbia detto prima a Napoli, poi a Reggio Calabria. Perché è al Sud che in effetti avvengono i maggiori sprechi. Circa tre quarti dei fondi strutturali europei spettano alle regioni del Mezzogiorno, ovvero alle aree che presentano maggiori necessità di intervento. L’Italia è da sempre, rispetto ai partner dell’Ue, uno dei paesi più indietro nella fruizione di soldi comunitari (che, è bene ricordare, l’Italia contribuisce e non poco a reperire). Le risorse destinate a Regioni, Province e Comuni per il periodo 2007-2013 vedono un impiego ridotto al Sud (soprattutto in Campania e in Sicilia) quando l’Emilia Romagna ne ha utilizzati quasi il 45% della somma prevista. Salvo proroghe, entro due anni, si completa il disimpegno automatico per cui i soldi tornano a Bruxelles. Durante la precedente legislatura si è corso il rischio di perdere le risorse relative al periodo 2007-2009 e ancora prima l’Eurispes denunciò la quasi perdita di 9,3 miliardi di euro che sarebbero dovuti andare al Mezzogiorno nell’ambito di quello che all’epoca era l’Obiettivo 1 (sviluppo e adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo). Insomma, una costante.
In genere tale mancanza si verifica per due motivi. Il primo: dirottamento delle risorse da parte del governo centrale verso diversi capitoli di spesa. Il secondo: l’assenza di competenze nelle istituzioni locali in grado di sviluppare progetti o individuare strategie mirate. Non può apparire dunque un caso il rimbrotto dell’Unione europea di marzo, all’Italia e agli paesi Ue: “I fondi della politica di coesione devono essere utilizzati per finanziare nuovi progetti per lo sviluppo. Quindi non possono essere usati per coprire la riduzione di imposte”.
L’Italia vive una lunga contraddizione in termini. Mettendo da parte la retorica anti-moneta unica, anti-fiscal compact e anti-austerity degli ultimi mesi, storicamente è da sempre un paese euro-entusiasta. Eppure occupa le ultime posizione nel recepimento delle risorse comunitare, compensando – si fa per dire – con il triste primato per numero di procedure di infrazione. È, in altre parole, un paese europeista, ma con bassi livelli di europeizzazione. Molti degli obiettivi della strategia Europa 2020 potrebbero essere raggiunti agevolmente grazie al giusto impiego del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di sviluppo regionale. Ancora, nel periodo 2014-2020, l’Italia avrà a disposizione nove miliardi di fondi strutturali nella nuova programmazione. Soldi utili per sostenere la crescita, valorizzare il territorio e contrastare un divario sociale altrimenti troppo ampio per effetto della crisi. Perché perdere il treno?

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