L’Ue stretta tra la crisi e lo scetticismo
A fine aprile il think tank britannico Open Europe riferiva in uno studio della possibilità che al Parlamento di Strasburgo siederanno dopo il voto del 22-25 maggio (da noi, ricordiamo, si vota domenica 25 dalle 7 alle 23) almeno 218 esponenti delle forze euroscettiche su 751 seggi disponibili. L’ipotesi che i partiti anti-europei – dal Fronte Nationale di Marine Le Pen in Francia ai populisti di Gert Wilders in Olanda, dall’Ukip in Gran Bretagna al Movimento 5 Stelle in Italia – possano fare incetta di consensi è dunque concreta.
A confermare questa idea una recente indagine proveniente da oltreoceano a cura del Pew Research Center, diffusa la scorsa settimana. Che nel caso italiano, soprattutto, certifica il malcontento dei cittadini verso l’Unione europea. In particolare nei riguardi della moneta unica. Per il ritorno alla lira si è infatti detto favorevole il 44% del campione. Un crollo in pochi anni che stride, ad esempio, con la rilevazione di inizio 2014 dell’Eurispes che aveva quantificato tale porzione di popolazione in uno striminzito 25,7%. La fiducia nelle istituzioni comunitarie, dice ancora il Pew Research Center, è sceso fino al 46% – con un crollo del 20% dal 2007, del 12% in un solo anno – in controtendenza rispetto ai partner europei. In Francia, Germania e Spagna i giudizi positivi sono addirittura aumentati, rispettivamente dal 41 al 54, dal 60 al 66 e dal 46 al 50 per cento.
C’è da osservare che una campagna elettorale troppo personalizzata come quella cui si è assistito in queste settimane, non aiuta i cittadini a comprendere meglio la portata dell’occasione storica. Dall’elezione del presidente della Commissione (il risultato delle urne, per la prima volta, sarà determinante in questo senso), alle regole del fiscal compact, fino al mancato utilizzo dei fondi strutturali dell’Ue (un ritardo che riguarda soprattutto il nostro paese), arrivando all’annosa questione dei flussi migratori, la scarsa informazione crea piuttosto confusione e inquietudine. Con questi presupposti uno scenario siffatto sembra l’unica via possibile. O, almeno, l’esito più verosimile.