Gli anziani? Sono ammortizzatori sociali
I dati diffusi da Eurostat in riferimento al 2013 (i “giovani adulti” che vivono in famiglia in Italia sono il 65,8%, oltre 7 milioni di persone, due su tre) forniscono una chiave di lettura più ampia che racchiude un giudizio complessivo sul nostro sistema di welfare. Un sistema che, per l’appunto, sembra necessitare un ammodernamento tuttavia ostacolato dalle difficoltà che il nostro paese ha incontrato negli anni più duri della crisi economica.
Non si tratta esclusivamente di stabilire la soglia minima per poter vivere (Eurostat stima che per la metà delle famiglie possono bastare anche “solo” 1.500 euro per arrivare alla fine del mese), ma anche di constatare come le famiglie di origine siano talvolta indispensabili per il sostentamento. Molto più che nel tempo la ricchezza si è trasferita verso le fasce più anziane della popolazione.
Naturalmente questo punto di partenza non deve indurre in errore. L’Eurispes, che sul tema assembla alcuni indicatori fondamentali all’interno del Rapporto Italia 2015, fa notare che secondo i dati Inps al 31 dicembre 2011, a fronte di 11.630.827 beneficiari di pensioni di vecchiaia e/o anzianità, il 70,7% percepisce tra i 500 e i 1.500 euro.
Di fatto gli anziani (insieme, al solito, ai giovani e alle donne) sono una delle categorie sociali che ha risentito maggiormente degli effetti negativi della crisi economica. In Italia – dati di HelpAge International – il 27,4% della popolazione supera i 60 anni di età. L’indice di vecchiaia (al 1 gennaio 2012, rilevazioni Istat) mostra che gli anziani sono 148,6 ogni 100 giovani. Il 73,5% dei beneficiari di pensioni percepisce una o più prestazioni e il 26,5 percepisce anche prestazioni di altro tipo.
Perché ai giovani va peggio? Tra il 1987 e il 2008 (in questo caso l’Eurispes cita i dati della Banca d’Italia) tanto la ricchezza delle famiglie di operai quanto quella delle famiglie di liberi professionisti ha visto ridurre il livello medio, mentre la categoria che ha registrato un miglioramento è stata quella dei pensionati.
Inoltre, stavolta a sottolinearlo è la Svimez nello studio Crisi, lavoro, redditi: quali politiche per le famiglie, il sistema di welfare non ha seguito di pari passo le trasformazioni in seno al mercato del lavoro. Anzi, “manca uno strumento di sostegno al reddito minimo, l’assistenza sociale viene pensata esclusivamente per gli anziani e gli ammortizzatori sociali si rivolgono pressoché esclusivamente ai lavoratori a tempo indeterminato”.
Tale situazione ha così trasformato le persone più anziane in ammortizzatori sociali, a sostegno cioè dei figli (che spesso non se ne vanno di casa) o di secondi nuclei familiari (magari con minori da mantenere) perché i giovani hanno lavori saltuari, usufruiscono di retribuzioni basse e hanno spese obbligate al di sopra delle possibilità.
In questo modo pensioni e risparmi accumulati negli anni diventano lo scoglio per tanti giovani altrimenti in difficoltà. Ma non è tutto, avverte l’Eurispes. La pressione fiscale che grava sulle pensioni, infatti, incide non soltanto sul tenore di vita di chi le percepisce, ma anche sulla capacità di aiutare economicamente i propri figli e nipoti.
Già l’Istat aveva messo in evidenza come le pensioni italiane siano le più tassate in Europa. Per rendere l’idea: il prelievo nel nostro paese è al 20% quando in Germania è allo 0,2%.
(articolo pubblicato il 9 febbraio 2015 su Tgcom24)