Segnali di ripresa, ma la strada è lunga
Mentre in Francia la produzione industriale ha registrato una flessione dello 0,1% e in Germania è cresciuta appena dello 0,1%, quando le attese degli analisti erano di gran lunga superiori, in Italia vi è la percezione di un momento in cui è possibile tirare un sospiro di sollievo, visti gli incrementi di novembre e dicembre 2014.
Per la verità, nella media del 2014, la produzione industriale è scesa dello 0,8% rispetto all’anno prima, comunque un dato decisamente migliore dei precedenti quando chiuse a -3,2% il 2013 e a -6,4% il 2012. Ed essendo la produzione industriale un indicatore foriero dello stato di salute di un’economia, l’istantanea è quella di un paese in lieve ripresa, sì, ma che ha ancora molta strada da fare.
Molto più che l’Istat, lunedì 9 febbraio, ha messo in risalto gli squilibri che coinvolgono gli italiani. Un italiano su quattro (il riferimento è all’anno 2012) vive con meno di 10 mila euro all’anno. Messa in altri termini, significa che una quota significativa di popolazione vive a ridosso della soglia di povertà che lo stesso istituto di statistica ha collocato a 9.456 euro (e in tale condizione, per l’appunto, vive il 28,4% della popolazione). Ancora più netto, poi, il divario Nord-Sud.
Il lavoratore, del resto, è interessato soprattutto al potere d’acquisto, cioè la differenza tra il reddito da lavoro e il prezzo dei beni o servizi acquistati.
Il costo medio per dipendente, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, si aggira intorno ai 31 mila euro l’anno ma al lavoratore, sotto forme di retribuzione netta, finisce nelle tasche il 53,3%, vale a dire poco più della metà per un importo medio di 16.498 euro (il riferimento dell’Istat è sempre al 2012). Tradotto vuol dire che il cuneo fiscale – la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore – arriva al 46,7%, in aumento rispetto ai livelli del 2011 quando si attestava al 46,3%
Di recente la Banca d’Italia ha però sostenuto che l’occupazione crescerà, sebbene non di molto, nel biennio 2015-2016 in quanto favorita dal taglio dell’Irap e del cuneo fiscale previsti nella legge di Stabilità. Abbattere il cuneo fiscale, come viene richiesto spesso dalle parti datoriali e non solo, significa ridurre la pressione fiscale, quindi rilanciare la domanda interna, rafforzare il potere d’acquisto e crescere in termini di competitività.
In questo modo, prevede la Banca d’Italia, “la produttività del lavoro nel settore privato tornerebbe a crescere, in media, di poco oltre lo 0,5% nel 2015-16” mentre il tasso di disoccupazione – che considera il numero di persone che cercano lavoro sul totale della popolazione attiva, senza però trovarlo – dovrebbe restare sostanzialmente invariato, al 12,8%, “per il contemporaneo aumento dell’offerta di lavoro”.
(articolo pubblicato il 10 febbraio 2015 su Tgcom24)