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Quali effetti dal piano Juncker

di Mirko Spadoni

piano_junckerLa Banca europea per gli investimenti è ottimista sulla realizzazione del piano Juncker. I 315 miliardi di euro promessi da Bruxelles non sono un’esagerazione, anzi. A trarne beneficio sarà l’economia europea: tanti saranno i nuovi posti di lavoro creati nell’arco di tre anni e che, secondo alcune stime, potranno toccare i due milioni.
Pur esprimendo qualche perplessità (pochi sono i progetti privati presentati fino ad oggi), la Banca europea degli investimenti sostiene che le previsioni sugli investimenti promessi dal piano della Commissione Ue sono realistiche. Partendo da un capitale iniziale di 21 miliardi di euro e servendosi dell’effetto leva, Bruxelles ha annunciato investimenti per 315 miliardi dal 2015 al 2017. Effetti positivi sull’economia e il fronte occupazionale non dovrebbero mancare.
Secondo una recente stima dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), il piano Juncker potrebbe creare due milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2018, abbassando così il tasso di disoccupazione europeo dell’1%. Ad una condizione, però: la maggior parte dei fondi, spiega l’Ilo, dovranno essere destinati alle piccole imprese attive in quei Paesi (come Italia, Spagna e Grecia) dove il numero delle persone alla ricerca di un’occupazione è particolarmente elevato.
Il piano Juncker, ha rassicurato il vice-presidente della Commissione europea Jirki Katainen, prevede l’erogazione di prestiti più rischiosi rispetto a quelli offerti fino ad oggi dalla Banca europea degli investimenti, aiutando in particolare le piccole imprese.
In caso contrario, sostiene l’Ilo, il piano Juncker creerà soltanto 400 mila nuovi posti di lavoro: poca cosa rispetto ai 1,3 milioni promessi-stimati dalla Commissione europea.
Per soddisfare le richieste dell’Organizzazione internazionale del lavoro, la Banca europea degli investimenti non dovrà rispettare la struttura distributiva, che assegna i fondi in proporzione al livello di partecipazione al suo capitale da parte degli Stati membri dell’Unione europea. Il rischio è di destinare ad Atene – una delle economie che invece ne avrebbe maggior bisogno – soltanto il 2,3% dei fondi promessi.
La Banca europea degli investimenti e la Commissione europea si dicono quindi fiduciose: le (enormi) potenzialità del piano Juncker non resteranno inespresse, sostengono. Tuttavia c’è chi sostiene che l’economia europea avrebbe bisogno di molto altro: secondo la Confederazione europea dei Sindacati (Ces), i fondi promessi sono insufficienti per far fronte ad un problema – quello della disoccupazione – che coinvolge oltre 20 milioni di cittadini europei. Sarebbe invece indispensabile investire circa il 2% del Prodotto interno lordo europeo (ovvero 250 miliardi di euro l’anno) per creare fino a 11 milioni di posti di lavoro, sostiene il Ces.

(articolo pubblicato il 24 febbraio 2015 su Tgcom24)

 

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