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L’occupazione nel settore agricolo

agricoltura_lavoroQuanto certificato dall’Istat (il numero degli occupati è tornato a crescere dopo due anni di calo) è in parte merito del settore agricolo. Infatti molti sono stati i posti di lavoro creati negli ultimi mesi dalle tante aziende sparse sul territorio italiano: un aumento occupazionale senza eguali, sostiene la Coldiretti.
Secondo un’analisi della Coldiretti relativa al quarto trimestre del 2014, il numero degli occupati nel settore agricolo è cresciuto mediamente del 7,1%. L’incremento maggiore si è registrato nelle regioni settentrionali (+17,5%) contro il 2,8% di quelle centrali e dell’1,1% di quelle meridionali. Ad aumentare sono sia i lavoratori indipendenti (+8,7%) che quelli dipendenti (+5,5%). Dati e statistiche che confermano il dinamismo del comparto agricolo, osserva Coldiretti.
Insomma, oltre ad essere sempre più ‘affascinante’ agli occhi di tanti giovanissimi (stando ad un sondaggio Coldiretti – Ixé, il 57% dei giovani ha ammesso che preferirebbe gestire un agriturismo contro il 18% che aspira ad un impiego in banca), l’agricoltura fornisce quindi un’importante contributo contro la disoccupazione, offrendo maggiori opportunità lavorative anche alla componente femminile: in Italia il settore agricolo dà lavoro a 1,3 milioni di donne, secondo l’Eurostat. In Spagna e Germania le donne impiegate sono molte meno, rispettivamente 660.000 e 340.000.
Se negli ultimi mesi il numero degli occupati è tornato a crescere (secondo l’Istat, nella media del 2014, l’occupazione è aumentata dello 0,4% dopo due anni di calo), è merito anche del comparto agricolo, che – a differenza degli altri settori – ha fatto registrare l’incremento maggiore: +1,6% su base annua contro il -4,4% delle costruzioni, il -0,1% dell’industria e il più modesto +0,5% dei servizi. Settori, quest’ultimi, dove l’occupazione potrebbe tornare finalmente a crescere solo nei prossimi mesi.
Secondo alcuni analisti, un aiuto in tal senso potrebbe arrivare infatti dalle agevolazioni contributive introdotte con la legge di Stabilità 2015, che dal 1° gennaio permettono alle imprese che assumono un nuovo dipendente con un contratto a tempo indeterminato di non versare alcun contributo, e dalla riforma del mercato del lavoro appena varata dal governo: il cosiddetto Jobs Act, che stando alle previsioni dell’esecutivo dovrebbe garantire anche una crescita aggiuntiva al Prodotto interno lordo italiano (+0,9% nel 2020).
Dati statistici in grado di misurarne l’impatto sul fronte dell’occupazione non sono ancora disponibili. Comunque sia c’è chi (si vedano gli analisti di Unioncamere Nazionale, citati dalla Cgia di Mestre) prevede un saldo occupazionale positivo alla fine del primo trimestre del 2015 (+8.390 unità). A fronte di 209.680 lavoratori in ingresso ci dovrebbero essere 201.300 lavoratori in uscita, sostiene lo studio. Un dato che, se confermato, sarebbe sicuramente positivo e diametralmente opposto a quello registrato nello stesso periodo dello scorso anno, quando il saldo fu negativo (-14.500).
Pur non avendo alcun rigore statistico, osserva la Cgia di Mestre, il report di Unioncamere è il frutto di un’indagine telefonica su un campione qualificato di titolari d’azienda e permette così di testare lo stato d’animo delle imprese, che fortunatamente appare meno negativo rispetto a qualche mese fa.

(articolo pubblicato il 3 marzo 2015 su Tgcom24)

 

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