L’accordo sul nucleare iraniano
Si può dire abbia accontentato entrambe le parti in causa l’accordo sul nucleare raggiunto a Vienna tra l’Iran e i Paesi del 5+1 (Stati Unti, Francia, Regno Unito, Cina e Russia, più la Germania): l’Iran otterrà la revoca delle sanzioni imposte finora dall’Occidente mentre la controparte otterrà una limitazione all’arricchimento di uranio che avrebbe consentito a Teheran di sviluppare la bomba atomica.
Entrando più nel dettaglio dell’intesa: per non cadere vittima di nuove sanzioni e per procedere gradualmente verso la revoca di quelle imposte in passato (che, anche attraverso il blocco delle esportazioni, avevano sottratto all’economia iraniana decine di miliardi di dollari), la Repubblica islamica dovrà innanzi tutto permettere agli ispettori delle Nazioni Unite di eseguire controlli nei principali siti dove vengono svolte attività nucleari. Attività che saranno comunque limitate in base all’accordo: i due principali siti, quello di Natanz e quello di Fordow, dovranno interrompere l’attività di arricchimento e ridurre quella di Ricerca e Sviluppo. Inoltre l’uranio non potrà essere arricchito oltre il 3,67%, al di sotto quindi della soglia del 5% che delimita l’uso energetico da quello militare. Stando al testo l’Iran si impegna poi a ridurre le proprie centrifughe operative da 19 mila ad un massimo di 6.104 e a ridurre da 10 tonnellate a 300 chilogrammi le proprie scorte di uranio arricchito. Tutte misure che impedirebbero la costruzione di una bomba atomica prima dei prossimi dieci anni.
In cambio, come già spiegato, le Nazioni Unite dovranno revocare le sanzioni economiche imposte al Paese, misure che verranno però reintrodotte (nell’arco di 65 giorni) nel caso in cui l’Iran dovesse violare in qualche modo l’accordo.
Un po’ controversa la questione dell’embargo delle armi: l’intesa sancisce, infatti, che resterà in vigore per altri cinque anni, ma saranno comunque possibili delle eccezioni, ovviamente sotto la supervisione dell’Onu. Questo passaggio in particolare è stato fortemente voluto da Russia e Cina, principali fornitori di armi dell’Iran.
Ma se da un lato c’è chi festeggia, come il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama (che ha giudicato l’intesa come “il miglior successo diplomatico di questa presidenza”) e chi si ritiene parzialmente soddisfatto, come il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif (che lo ha giudicato “non perfetto, ma è quello che si poteva raggiungere”), c’è anche chi è subito pronto a puntare il dito: Israele. Per il premier Benjamin Netanyahu si tratta di un “errore di proporzioni storiche. L’Iran otterrà un sicuro cammino verso le armi nucleari. Molte restrizioni che avrebbero dovuto impedirlo sono state rimosse. L’Iran ha vinto un jackpot, una fortuna in denaro, che gli permetterà di perseguire la sua aggressione e il terrore nella regione e nel mondo”.
Al di là delle preoccupazioni di Israele ora il testo, per entrare in vigore definitivamente, dovrà passare al vaglio del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, del Congresso statunitense e del Majlis iraniano (ovvero l’Assemblea Consultiva Islamica).
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