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Quanto costa “abitare” in Italia

di Mirko Spadoni

mercato-casaLa domanda di mutui da parte delle famiglie non si arresta. Ad agosto, infatti, ha fatto registrare l’ennesima crescita su base annua. Tuttavia gli italiani chiedono piani di rimborso più lunghi, con l’intento di ridurre l’incidenza delle rate sul reddito disponibile. Reddito disponibile che, secondo una stima della Cgil, viene assorbito per buona parte proprio dalle spese fisse legate all’abitazione.
Secondo il Barometro Crif, ad agosto, grazie ad una crescita annua del 57,7%, la domanda di mutui da parte delle famiglie italiane è tornata su livelli molto vicini a quelli precedenti la crisi che ha colpito il comparto nel biennio 2010-2011. A diminuire, semmai, è stato l’importo medio richiesto, attestatosi a 120.511 euro: il valore più contenuto da quando sono state avviate le rilevazioni.
Inoltre, gli italiani hanno richiesto piani di rimborso più lunghi: la classe compresa tra i 15 e i 20 anni è risultata nuovamente la preferita, con una quota pari al 24,1% del totale. Lo scopo? Ridurre l’incidenza delle rate sul reddito disponibile.
Del resto, stando ad uno studio sui costi dell’abitare realizzato dalla Cgil, le spese fisse legate alla casa (affitto, mutuo, imposte e bollette, condominio…) incidono notevolmente sul reddito familiare. Ciò vale tanto per le famiglie proprietarie dell’abitazione in cui vivono (il 76,6% dei nuclei familiari, secondo i più recenti dati del dipartimento delle Finanze e dall’agenzia delle Entrate relativi al 2012) quanto per quelle in affitto.
Le spese delle famiglie, che vivono in case di proprietà e hanno contratto un mutuo – in Italia il 20% dei nuclei (3,3 milioni) proprietari di un’abitazione sta pagando un mutuo –, incidono molto sul reddito familiare. Si passa così dal 31,53% di Torino al 47,46% di Napoli. Mentre a Palermo, Bari e Roma si registrano percentuali superiori al 40%. Rispettivamente 43,6%, 42,2% e 41,7%.
E chi vive in affitto? Se il contratto sottoscritto tra il proprietario e l’inquilino è a canone concordato, osserva la Cgil, l’incidenza sul reddito familiare si attesta al 25,66% a Genova mentre oltrepassa il 30% in tutti gli altri principali capoluoghi, toccando il 38,43% a Roma e il 38,61% a Bari. Con un contratto a canone libero, invece, le percentuali crescono ulteriormente. In questo caso, la forbice varia dal 30,12% di Genova al 50,04% di Roma.

 

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