La questione del brevetto unico europeo
Entro ottobre, salvo sorprese, l’Italia entrerà a far parte del gruppo dei Paesi dell’Ue che hanno aderito al brevetto unitario europeo. Un passo che consentirà risparmi notevoli alle aziende italiane. Vediamo perché.
Secondo le stime dell’Ufficio europeo dei brevetti (Epo), il brevetto unitario consentirà agli inventori e alle imprese – specie quelle di piccole e medie dimensioni, spesso escluse dalla protezione dell’attuale brevetto europeo perché troppo caro – di risparmiare il 78% dei costi rispetto all’attuale brevetto europeo.
Per il primo decennio – ovvero la durata media di un brevetto europeo – rinnovare il brevetto unitario costerà poco meno di 5 mila euro mentre il costo del suo mantenimento per l’intera durata di 20 anni ammonterà a poco più di 35.500 euro. Oggigiorno, invece, il costo dell’attuale brevetto europeo è decisamente superiore e può arrivare a 29.500 euro per i primi dieci anni e a circa 159 mila per l’intera durata di 20 anni.
In pratica, una volta introdotto – cosa che non potrà avvenire fino a quando non avranno aderito almeno 13 Paesi (momentaneamente lo hanno fatto in otto) – il brevetto unitario europeo garantirà una copertura in 25 Stati dell’Ue, con una spesa complessiva che attualmente si paga soltanto per Francia, Germania, Olanda e Regno Unito. Ad oggi, infatti, il brevetto europeo consiste in un insieme di brevetti nazionali validi soltanto nei Paesi selezionati dal titolare del brevetto stesso.
Secondo il ministero dello Sviluppo economico, l’adesione del nostro Paese al brevetto unitario europeo – oltre a garantire alle imprese italiane uno strumento in più di tutela della proprietà industriale – incrementerà gli investimenti in innovazione e rafforzerà l’internazionalizzazione delle nostre aziende. A trarne beneficio, inoltre, sarà anche il mercato unico europeo: nel 2010, infatti, il Rapporto Monti aveva individuato nell’assenza di un brevetto unitario europeo uno dei principali impedimenti al buon funzionamento del mercato unico.